In Italia è improponibile anche solo il tentare di individuare l’entità del fenomeno.
Infatti non solo si è taciuta la questione (basti pensare che la letteratura in proposito è nulla),
ma non è stato interesse di nessuna associazione, di nessun dipartimento universitario, promuovere
ricerca o solo raccogliere dati statistici. Vi è probabilmente una certa omertà le cui ragioni sono
prima storiche, poi culturali e non da ultime politiche e religiose. Ma in Italia negli ultimi due
anni è emerso proprio questo elemento: tanto il fenomeno è consistente tanto è sommerso.
La maggioranza delle madri lesbiche italiane sembra essere costituita da donne legalmente sposate,
abili nel mantenere separata la sfera affettivo-sessuale da quella familiare e, certamente, fuori
dal contesto omosessuale, appare poco identificabile. Conduce, normalmente, una vita apparentemente
molto conforme alle regole e solo con molta reticenza è disponibile a parlarne: alcune madri riferiscono
che il marito è a conoscenza ma la maggior parte confessa di vivere da molti anni nel segreto.
Sfuggono al conto, inoltre, tutti i padri gay divorziati (e sono molti) che non avendo l’affidamento
dei figli non sono assolutamente identificabili.
Donne e uomini omosessuali fanno parte di due mondi per molti versi lontani. I loro percorsi sembrano
distanti, a volte del tutto inconciliabili, altre volte paralleli ma mai prossimi. E i figli diversi,
e risultati diversi, a seconda delle forme esplicite e implicite, tipiche e atipiche che assume
l’omosessualità dei genitori, materna o paterna o spesso di entrambi.