Ad Atene le donne non godevano di molti diritti, erano condannate ad una educazione irregolare
e a trascorrere la maggio parte dell loro tempo negli appartamenti riservati alle donne e
venivano concesse in spose mediante matrimoni combinati. Per la donna era un’esperienza rara
fare la conoscenza con qualsiasi altro uomo che non fosse suo marito o un parente. Per i Greci
la masturbazione non era un vizio bensì una valvola di sicurezza. Le donne o meglio le mogli
chiuse nelle loro abitazioni con il rischio di inesorabili divorzi se in odore di "tradimento",
erano dedite alla masturbazione mediante l’uso di un attrezzo chiamato "olisbos": si trattava
di una imitazione del pene fatta di legno o in cuoio imbottito doverosamente unto con olio per
un migliore uso. L’olisbos non era usato soltanto per il soddisfacimento solitario, bensì anche
dalle donne omosessuali. Se l’isola di Leucade era sospetta perché il primo libro illustrato
sulle posizioni tribadiche (lesbiche) venne attribuito ad una donna di Leucade di nome Filene,
la patria di questo fenomeno era ritenuta Lesbo quell' isola greca "ove l'ardente Saffo amò e
cantò". Si ritiene che fosse a capo di un collegio per giovani fanciulle, poetessa di tale
sublime statura che i suoi contemporanei la chiamarono "la decima Musa". Alcuni frammenti delle
sue poesie palpitano di una tale passione ben lontana dall’essere puramente intellettuale. "
Ritorna, ti prego, avvolta nella tua tunica candida come il latte. Ah, quale intenso desiderio
suscitano le tue forme armoniose! Nessuna donna potrebbe non fremere alla loro seduzione." Coloro
che ebbero la possibilità di leggere la sua opera completa non avevano dubbi sul suo carattere
erotico: Apuleio che sapeva bene ciò che diceva, la definì "sensuale" e "licenziosa", mentre
Ovidio ne parla come un corso completo di didattica all’omosessualità femminile.