Fiori, piante, uomini, dei e semidei tutti, Ovidio li usò per riscattarsi dallo scandalo della
sua opera Ars Amatoria (che l’Enciclopedia britannica definisce " forse il lavoro più immorale
mai scritto da un uomo di genio").
Ovidio tentò di capovolgere l’immagine lasciva che aveva dato di se stesso in un’immagine
rispettabile, e scrisse le "Metamorfosi".
Leggiamo di NARCISO che, per impotenza fisica o psicologica, respinse le profferte della ninfa
Eco, e poi invece si innamorò della propria immagine riflessa e si trasformò nel fiore che porta
il suo nome.
Traendolo dalla leggenda gli psicologi coniarono la parola narcisismo, definita dai dizionari
psicoanalitici come "una perversione sessuale in cui l’oggetto preferito del malato è il proprio
corpo; un meccanismo di difesa derivante dall’introiezione di un oggetto-amore negato".
Il non psicologo la definisce infatuazione di se stessi; anche se il malato non la vive certo
come una mera infatuazione, ma come la realtà.
Poi c’era Dafne di cui Apollo, il dio del sole, s’era incapricciato.
Secondo Ovidio, si incendiò della bellezza di lei tanto che "tutto il suo cuore era in fiamme".
Spaventata dai suoi sguardi lascivi e dalle sue proposte indecenti, Dafne scappò via, come
"l’agnello fugge dal lupo, o il cervo il leone, o come le colombe volano lontano da un’aquila".
Apollo l’inseguì.
Essa "sentì il suo fiato caldo toccarle i capelli dietro il collo".
Terrorizzata, la fanciulla invocò a gran voce suo padre Peneo, il dio del fiume: "Distruggi la
bellezza che mi rende tanto attraente!" Così Peneo la trasformò in un albero di ALLORO, salvandone
per sempre la verginità.
Il dio Pan, noto per la sua insaziabile lussuria, s’innamorò della ninfa acquatica Siringa, ed
essendo grossolano e totalmente negato per l’arte del corteggiamento e della seduzione, cercò di
violentarla.
Siringa invocò il cielo perché la salvasse e, proprio all’ultimo momento, venne trasformata in un
mucchio di GIUNCHI.
Defraudato del rapporto sessuale diretto, Pan –con le canne del giunco– si costruì un flauto e se
ne andò in giro suonando dei motivi con quel che restava della ninfa desiderata: si tratta
probabilmente del primo esempio di una sorta di necrofilia.
GIACINTO era un fanciullo molto attraente la cui bellezza suscitava le voglie di Apollo (il quale
pare avesse gusti sia promiscui che eterosessuali).
Zefiro, il dio del vento dell’Ovest, aveva a sua volta preso una cotta per Giacinto e decise che
se non poteva avere il ragazzo non lo avrebbe avuto neanche Apollo. Così quando quest’ultimo durante
i Giochi lanciò un disco nell’aria, Zefiro soffiò sul disco che colpì il fanciullo alla testa
uccidendolo.
Apollo fu talmente sconvolto da quel che riteneva il risultato della propria goffaggine, che tramutò
il sangue di Giacinto nel fiore che da allora porta il suo nome.