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Omofobia vergini e puttane
La preoccupazione più fortemente radicata nei maschi è l’irrazionale paura dell’omosessualità: omofobia. "…infilarmi cose su per il culo mi fa sorgere il dubbio se sotto sotto io non sia omosessuale. Nulla contro i gay ma io non sono uno di loro". Questo è il diffuso atteggiamento e la diffusa opinione che la stimolazione anale sia dominio esclusivo dei gay, e da certa psicanalisi che vuole il desiderio di stimolazione rettale indice rivelatore di “omosessualità latente”. Secondo Kinsey, il 37% della popolazione totale maschile ha avuto esperienze omosesssuali fino all’orgasmo fra l’adolescenza e la vecchiaia. Un altro 13% prova dell’attrazione verso altri maschi senza desiderare il contatto fisico. E’ da sciocchi etichettare tutti costoro come degli “omosessuali latenti”. Di conseguenza, l’esperienza del piacere anale/rettale potrebbe venire rinviata finchè non si ha accettato pienamente la propria sessualità. La fobia maschile dell’omosessualità può provocare la comparsa di una paura ben più profonda: quella di vedersi o essere visti dagli altri come poco virili ed effemminati. Temono che la loro virilità venga compromessa e sminuito il loro valore di persona. Chi ad esempio viene sospettato e dico solo sospettato di omosessualità, tenderà ad adottare come reazione un atteggiamento esageratamente virile. Il “grande amatore” tenderà a disprezzare tutte quelle pratiche sessuali che non siano codificate socialmente poiché socialmente deve essere lui stesso codificato come facente parte dei “super uomini doc” senza equivoci di sorta od ombre sospette. L’omofobia nei maschi potrebbe venire chiamata “femifobia”, la paura irrazionale e il disprezzo cioè della femminilità. E’ improbabile che la stimolazione rettale scateni nelle donne questi sentimenti. E’ molto più comune che in loro ritorni a farsi sentire lontani impegni e ideali di castità e riaffiori il timore di essere diventate delle “puttane”, delle “troie” o delle donne di facili costumi. E’ un atteggiamento questo condiviso dalle donne come dai più incalliti viveur. La patina di raffinatezza in materia di sesso nasconde in qualche modo gli effetti di una educazione sessuofoba. Troppo spesso il risultato è un sordo conflitto interiore, combattuto ai margini dell’inconscio, fra due poli emotivi opposti –le vergini contro le puttane-. Ma tutti dovranno a poco a poco rendersi conto che l’accettazione della propria femminilità (se questo è quello che rappresenta per loro la stimolazione anale) non costituisce affatto una perdita di virilità. Al contrario, riuscire a rilassarsi, a essere ricettivi, ad abbandonare volontariamente il controllo è un guadagno psicologico e interpersonale, non una perdita. Carl Jung ha riconosciuto che la consapevole integrazione della propria virilità e femminilità è un aspetto cruciale dell’integrità psicologica sia degli uomini che delle donne (Jung, 1951). L’individuo che riesce a ridurre il conflitto interno fra virilità e femminilità è detto androgino e questo approccio più equilibrato androginismo (Singer,1976). Il concetto di passività è per la maggior parte degli uomini (e di alcune donne) carico di connotazioni negative, per la mancanza di volontà. Ricettività è termine migliore, ma è difficile scinderla da passività. Una buona alternativa è il termine “volontà passiva” (proposta da Brown,1974): il termine esprime bene la qualità androgina della ricettività. E’ la resa intenzionale e volontaria del controllo con un coinvolgimento totale.
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Ultimo aggiornamento: domenica 24 novembre 2024